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Apoftolozeng Mileri noi!

GIUDA.

GIUSEPPE.

Bando al timor. Fratelli,

Datemi, e ricevete amico amplesso.

BENIAMINO.

Perchè tanto indugiarmi un sì gran bene?
A me perchè rigori? Io non t'offefi.

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E la commun falvezza. Omai del padre
Ne fovvenga. A lui tofto...

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Il colmo a' miei contenti.
Son quefti i miei fratelli:
E quefta è la mia fpofa.
Tutti al nostro buon Re.
Grazie diamo all' Eterno,
Ogni gioja, ogni pace, ed ogni bene.

Andiamo, andiamo
Ma pria quì umili
onde ne viene

TUTTI

Grazie diamo all' Eterno, onde ne viene
Ogni gioja, ogni pace, ed ogni bene.

CORO.

Dio falva l'innocenza. Egli l'efalta,
E l'empietà confonde; e fa fovente,
Che il furor della colpa

Sia falute, e fia gloria all' innocente.
O bella, o grata a Dio fanta innocenza!
Tu certa un giorno di goder farai;
Ma colpa in fuo piacer non gode mai.

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3appi.

3 app i.

Unter seinen Ge

S. B. II. S. 27. B. V. S. 23. dichten findet man einige für die Musik bestimmte Stücke. Das längste derselben ist eine Ekloge, mit kleinen Kantaten untermischt, welche zum Theil den Zappi, zum Theit den Abbate Giuseppe Paalucci zum Verfasser hat. Folgende zwei kleinere Singegedichte haben ungemein viel Reiz in der Idee und Sprache.

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Dal. Vorrei un Zeffiretto,
Che andaffe alla mia Bella,
A dir così:

Il tuo fedel amante
Brami faper dov'è?

Intorno a quelle piante,

Ch' hanno il tuo nome incifo,

Volge foletto il piè.

Or dov' egli s'aggira,
Dove per te fofpira,
Tu vanne, o Paftorella,
Vanne col'vago vifo

A far più vago il dì.
Mà già Silvia qui giunge;

Veggio il bianco Agnellin, che per ufanza

E la precorte, e danza:

Ecco lo sfavillar de' fuoi begli occhi,

Ecco le violette

Muoverfi fra l'erbette,

Pregando, che il bel piè le prema, e tocchi.
Sil. Sei qui, Dalifo amato?

Io ti cercai per tutto, al bofco, al prato.
Dal. Mà chi ti disse poi,

Almo mio Sol, mia Diva,

Che

Che a queste piante intorno errando io giva?
Ti portò forfe i caldi miei sospiri

Zeffiro meffaggiero?

Zappt.

Sil. No; mà il diffe al mio core il mio penfiero.

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Quando non fò

Dov' il mio ben andò,
Offervo dove i fiori
Hanno più bei colori,
E là m'invio.

E dove più gioconde
Scherzano l'aure e l'onde,
Lieta queft alma và
Che dico: ivi farà
L'Idolo mio.

Dal. Andiam, Silvia gentile,
Ch' al fonte degli allori

Si fon ifidate al canto Aglaura e Clori.
Sil. Son teco. Dal. E tu, Melampo,
Lafcia un pò ftar quell' agnelletto in pace.
Che sì, ch' io prenda un Ramo?

Dal. Andiamo al Fonte degli Allori. Sil. Andiamo.
Dalle magion ftellanti

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Zappi.

II.

CAN TАТА.

Dunque,

o vaga mia Diva,

Voi mi gradite men, perchè in fembiante
Pallido mi vedete?

Ah, fe non lo fapete,

Questo è il color d'ogni più fido amante,
Questo è il color, che Amore

Di fua man tinge, e fegna;

Nè vanno i fuoi Guerrier fott' altra Infegna.
Benchè fia pallidetta:

La vaga violetta,

Non è che non fia bella;
La coglie dal terren,

50 Efe la pone in fen
La Paftorella.

ibnBenchè non fia vermiglio
Il candidetto Giglio,
Vè chi le n'innamora:
Lo coglie ful mattin
La vaga Aurora.

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