Слике страница
PDF
ePub

I morti non hanno soltanto la missione di spaventare i vivi. Essi qualche volta visitano i loro cari per sostenerli e animarli nei dolori della vita; altre volte, in visioni, in cui la mente erra fra due esistenze, spiegano e sciolgono i dubbi dei mortali. Leggesi nell'Alphabetum che una fanciulla molto si meravigliava vedendo il padre, uomo dabbene, sfortunatissimo in ogni cosa e la madre dissoluta, cui la fortuna sempre era favorevole. I genitori muoiono e una notte la fanciulla è trasportata in visione nei regni delle tenebre e della luce; nell'inferno vede la madre ed in cielo il padre. Nell'es. 654, i morti, sotterrati in certo cimitero, insorgono per diffendere un tale che pregava per essi e che i nemici volevano uccidere.

Ai peccatori, sino all'ultimo momento, angeli e santi sussurrano all'orecchio parole di speranza e consigli di pentimento. Ma guai a coloro che non vogliono ascoltarli! Certa donna conduce vita viziosa, nè vuol pentirsi all'ultima ora. La seppelliscono, ma cani neri e rabbiosi, certamente diavoli, raspano e scoprono la fossa, lei mordono, e dilaniano. Questo narra il 399 es. dell'Alphabetum ed è un racconto lugubre che si ripete in vari libri e in parecchie raccolte di tale genere. Leggesi nel De apibus che due cani neri come pece vengono ad assalire un usuraio morente e poi la fine miseranda di certa peccatrice cui, dopo morte, accade qualche cosa che rammenta la narrazione del Nostro. È sepolta nella chiesa 'nec mora, sequenti nocte, scropha nigerrima cum porcellis septem coloris ejusdem, manifeste visa est claustrum intrare, sepultamque vetulam effodere, et membratim ejus corpus miserabile laniare et viscera ejus longo tractu per claustri ambitum dissipare'. Quei sette maialetti rappresentano certamente i peccati mortali. Cesario Heisterbach espone egualmente l'avventura della donna morta 'in cuius sepulchro canes se invicem mordebant' 3 proprio come nell'esempio di Arnoldo ed Etienne de Bourbon ritorna sullo stesso argomento, raccontando quanto segue: Cum quedam mulier esset excommunicata pro eo quod adherens adultero nolebat redire ad virum, et mortua esset in illa excommunicacione et pertinacia, in vase ab amicis suis fuit super arborem posita; canes autem tocius terre illius ibi convenerunt, et arborem ascendere nitebantur'. Toltala di lì, certe pie persone la sotterrano, in fossa profonda, ma neppure questo basta: 'dicti caues ad locum venerunt et eam exhumaverunt, et membratim laceraverunt et diviserunt'. Infine

1 Leggesi lo stesso racconto di cui la fonte diretta è San Girolamo nel Bromyard (op. cit. p. 102) e nello Specchio d'essempi (p. 118) che cita S. Girolamo cui attinge. Cfr. Rom. XIII, p. 41. Zeitschrift für rom. Phil. I, 311 sgg. Jahrbuch für rom. u. engl. Lit. VII, p. 417. Histoire litt. de la France, XXIII, 119.

4

1. c. p. 237, 321-322. 3 1. c. II, p. 307. op. cit. p. 263,

No 314.

Guglielmo di Malmesbury, nei Gesta rerum anglorum, espone certa avventura che ricorda i succitati esempi ed insieme la caccia selvaggia. 'De muliere malefica a daemonibus ab ecclesia extracta.' I diavoli penetrano nel tempio, mettono tutto sossopra e scoperchiano l'avello. Unus caeteris et vultu terribilior et statura eminentior ... operculum etiam tumbae pede depulit: apprehensamque manu, palam omnibus, ab ecclesia extraxit: ubi prae foribus equus, niger et superbus, hinniens videbatur, uncis ferreis per totum tergum protuberantibus; super quos misera imposita, mox ab oculis intuentium, cum toto sodalitio disparuit.'

Ad alcune particolari imprese del diavolo dedica il Nostro speciali esempi. In generale lo spirito delle tenebre colpisce improvvisamente i peccatori incalliti nel vizio e li trasporta nell'aria o li precipita negli abissi. Talvolta invece penetra nel corpo dei vivi e vi sta a suo agio, sinchè a qualche santo riesce di sloggiarlo. Per entrare nel corpo degli uomini il diavolo usa singolari astuzie, come quella esposta nell'esempio 87° 'de moniali, quae, cum sine benedictione, comederet lactucam, intravit n eam diabolus', storiella che leggesi pure nelle Vies des pères, nel Vitry e in altri e che il Nostro trasse dai dialoghi di S. Gregorio. 2

Narra infatti S. Gregorio: "Quadam vero die una Dei famula ex eodem monasterio virginum hortum ingressa est: quae lactucam conspiciens concupivit, eamque signo crucis benedicere oblita, avide momordit; sed arrepta a diabolo protinus cecidit.' Però il diavolo non vi sta a lungo. 3

Notevole è pure l'esempio 428 che Arnoldo trae da Cesario di Heisterbach, dal quale ugualmente trasse il suo il Passavanti. 4

Un cavaliere entra in chiesa ed ivi trova una fanciulla tormentata dal diavolo. Il cavaliere, perchè la disgraziata sia libera dallo strazio, concede al demone un lembo del suo mantello e così lo porta seco di luogo in luogo, di vittoria in vittoria (perchè con tale ausilio non si potrebbe esser sconfitti) ed anche di tempio in tempio, cosa che all'ospita del mantello garba assai poco. Alfine il cavaliere manda lo spirito infernale a quel paese, va

1 Migne, Patrol. lat. vol. 179, c. 1188.

Cfr. ed. Crane del Vitry 'Beatus Gregorius narrat de quadam moniali, quod, omisso crucis signo, comedit lactucam et dyabolus in ipsam introivit'. Cfr. Notices et Extraits, XXXIII, 290 e nota art. Hauréau nonchè nota compar. del Crane. Köhler, note ai Conti morali già citati; Tobler, Jahrbuch für rom. und engl. Lit. VII, 407.

3 Cfr. Migne (Patr. lat. vol. 77°, c. 168-169).

Heisterbach (X, 2), Passavanti ed. cit. p. 61, Pauli (1. c. p. 483), Scala cæli 127b ecc.

Archiv f. n. Sprachen. CXIX.

24

in Terra Santa e poi fonda un ospedale; le fatiche dal demonio subite sono per lui perdute anzi servono a rendere più glorioso il trionfo del prode soldato di Cristo. I diavoli servitori abbondano nelle leggende religiose, tuttavia il Nostro, pur avendo sott'occhio la ricchissima raccolta dell' Heisterbach, ne, fece uso discreto, evitando, per quanto il consentivano le idee della sua età, ciò che pareva stranamente meraviglioso e preferendo esempi di natura più umana, nobili espiazioni, fatti reputati storici e sentenze di filosofi. Infine la leggenda aurea suggerisce al Nostro quello che è forse il più meraviglioso dei suoi esempi.

'Purgantur aliqui inter vivos. Ex legenda lomb. Quidam piscatores beati Theobaldi in autumno frustum magnum glaciei pro pisce traxerunt - de quo magis quam de pisce gavisi sunt quia episcopus dolore pedum laborabat et ipsam glaciem pedibus suis supponentes magnum ei remedium prestabant. Quadam autem die de glacie vocem hominis audivit, qui, ab episcopo adiuratus quis esset, dixit: Sum quedam anima que in hoc gelicidio pro peccatis meis affligor et liberari possim si triginta missas dices. Qui cum medietatem missarum dixisset et ad aliamı se properasset, dyabolica suggestione fere omnes homines illius contrate inter se bella moverunt et ipse missam intermisit. Secundo, cum duas partes missarum dixisset, exercitus videbatur obsidere civitatem, et ob hoc missam ad quam se properaverat, intermisit. Tertio, cum iam omnes missas, una sola excepta, dixisset, nuntiatum est ei quod ignis esset in civitate. Tunc dixit episcopus: Etiam tota civitas cremari deberet, hanc missam non dimittam. Et sic illa dicta glacies est dissoluta et ignis qui videbatur evanuit. Hoc valet ad deceptionem demonii'

(col. 401).

Ma il Varazze, nella Commemoratione omnium fidelium defunctorum, avea esposto il singolare fatto in modo assai più breve e senza l'ultima parte:

'Sicut legitur quod quidam piscatores beati Theobaldi in autumno frustrum magnum glaciei pro pisce prendiderunt, de quo magis quam de pisce gavisi sunt, maxime quia episcopus dolore pedum laborabat, ipsam glaciem eius pedibus supposuerunt, et magnum ei refrigerium praestabat. Quadam vero vice de glacie hominis vocem audivit, qui, ab episcopo adiuratus quis esset, dixit: Sum quaedam anima quae hoc in gelicidio pro peccatis meis affligor et liberari possim si XXX missas sine intervallo XXX diebus continuis diceres.'

Nelle tradizioni popolari ancor vive il ricordo di anime di defunti sepolte sotto il ghiaccio. Il Christillin, nella raccolta delle tradizioni della vallata d'Aosta, racconta come un cacciatore precipitato in fondo a un ghiacciaio ivi trovasse una strana accolta di defunti, i quali gemevano e pregavano perchè qual

cuno venisse a liberarle colle sue preghiere. Il cacciatore prega e le anime volano in cielo. ' Lontanamente può pure rammentarsi un aneddoto riferito da Plutarco, che lo mette in bocca ad Antifane. In certa città, il freddo era tanto intenso che le parole si congelavano e poi all'estate liquefacendosi risuonavano in modo curioso ed intelligibile. Tutti sanno che il Rabelais s'è ricordato di codesta storiella nel suo Pantagruel. 2

Noi abbiamo vedute le narrazioni dell'Alphabetum più degne di qualche esame. Nelle altre, tratte dalle più comuni compilazioni, abbondano i ricordi di apparizioni fantastiche, di punizioni severe e di asprissime penitenze. Qua e là trovansi pure talune favole non meno divulgate e di facile applicazione. 3

' Christillin, Dans la Vallaise, Aoste, 1901, p. 226 sgg.

2 Cfr. Opuscoli di Plutarco, trad. Adriani, 1, 79. Pantagruel IV, 55, 56. 3 Le favole contenute nella collezione del Nostro sono scarse di numero e povere di pregio (es. 551, 707, 625, 558, 279). Si discorre dell' Unicorno, del serpe riscaldato che morde il proprio benefattore, del lupo e dell'agnello al fonte, dell'oca (in altri esempi è più frequentemente una gallina), che fa un uovo tutti i giorni, cui l'avidità della massaia condanna a morte e infine di quella storiella graziosa alla quale il La Fontaine diede il titolo di Le meunier, son fils et l'âne. Fonti dichiarate del Nostro sono Esopo, Narrator, Giacomo da Vitry e la Storia di Barlaam, ma codeste favole erano pur diffuse in un numero infinito d'altre raccolte. Cfr. le note alla Discip. cler. (VII, p. 45) ai Gesta Roman. (p. 572 e nota), al Violier des hist. rom. (ed. Brunet p. 408), al La Fontaine nell' ediz. dei Grands écrivains de la France ed il citato studio sul Vitry del Crane (p. 61, 191-92; 70, 201).

Torino.

Pietro Toldo.

Zur Komposition des Anseïs de Carthage.

Nachdem die Quelle des Anseïs de Carthage in der ursprünglich arabischen Erzählung von Julian, der, um seine von Rodrigo verführte Tochter zu rächen, die Mauren ins Land gerufen hat, einmal entdeckt worden ist, wird man bei diesem Versroman ebensowenig Überraschungen zu erwarten haben, als er grössere

Probleme enthält.

Gleichwohl bleiben ein paar Fragen offen.

Vorab behandeln wir jene, welche an der französischen Dichtung uns entgegentreten, und die ohne Rest zu lösen sind (I-IV), um uns dann den rein hypothetischen Fragen vom Ursprung der Sage kurz zuzuwenden (V).

I.

Der Herausgeber der Dichtung, Johann Alton, schreibt auf S. 478 seiner Ausgabe (Tübingen 1892): 'Auch die Karlamagnus-Saga scheint unser dichter gekannt zu haben; dort erscheint der erzengel Gabriel dem kaiser Karl und befiehlt ihm einen heereszug nach Spanien. Karl rüstet sich hierzu zwei jahre hindurch, und im dritten jahre setzt sich das heer in bewegung und kommt zum flusse Garonne; doch gibt es dort weder eine brücke noch kähne. In dieser not fleht Karl zu gott; da zeigt sich ein weifser hirsch, der durch eine seichte stelle hindurch ans jenseitige ufer gelangt und auf diese weise dem heere Karls den einzuschlagenden weg zeigt. Ganz dasselbe wunder erzählt unser gedicht.'

Die Quellenangabe der Karlamagnus-Saga für diese beiden Züge wird wohl kein Romanist so ernst nehmen. Beide Züge sind Gemeinplätze: für den ersten bringt Alton selber Parallelen bei (S. 478), wozu noch zu nehmen wäre: Im Girart von Vienne befiehlt ein Engel den Zug nach Spanien, am Ende des Roland Gabriel den Zug nach Imphe und Bire.

Der Übergang über die Garonne oder einen anderen Flufs ist nicht seltener. Er wird schon von Clodwig erzählt. Man vergleiche die reiche Sammlung bei Kurth, Hist. poét. des Mérovingiens S. 275 ff.

Ist aus der Doppelung der beiden Gemeinplätze und aus ihrer gleichen geographischen Lokalisierung eine Abhängigkeit

« ПретходнаНастави »