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accept of it. He is the most intelligent, sensible farmer in the county, and his advice has staggered me a good deal. I have the two plans before me. I shall endeavour to balance them to the best of my judgment, and fix on the most eligible. On the whole, if I find Mr. Miller in the same favourable disposition as when I saw him last, I shall in all probability turn farmer.

I have been through sore tribulation and under much buffeting of the Wicked One since I came to this country. Jean I found banished like a martyr forlorn, destitute, and friendless. All for the good old cause. I have reconciled her to her mother. I have taken her a room. I have taken her to my arms. I have given her a mahogany bed. I have given her a guinea, and I have fucked her till she rejoiced with joy unspeakable and full of glory. But, as I always am on every occasion, I have been prudent and cautious to an astonishing degree. I swore her privately and solemnly never to attempt any claim on me as a husband, even though anybody should persuade her she had such (which she had not), neither during my life nor after my death. She did all this like a good girl, and I took the opportunity of some dry horse litter, and gave her such a thundering scalade that electrified the very marrow of her bones. Oh, what a peace-maker is a guid weel-willy pintle! It is the mediator, the guarantee, the umpire, the bond of union, the solemn league and covenant, the plenipotentiary, the Aaron's rod, the Jacob's staff, the prophet Elisha's pot of oil, the Ahasuerus' sceptre, the sword of mercy, the philosopher's stone, the horn of plenty, and Tree of Life between Man and Woman.

I shall be in Edinburgh the middle of next week. My farming ideas I shall keep private till I see. I got a letter from Clarinda yesterday, and she tells me she has got no letter of mine but one. Tell her that I wrote to her from Glasgow, from Kilmarnock, from Mauchline, and yesterday from Cumnoch, as I returned from Dumfries. Indeed she is the only person in Edinburgh I have written to till to-day. How are your soul and body putting up? A little like man and wife, I suppose. Your faithful friend, R. B.

Greifswald.

H. Anders.

Dall'Alphabetum narrationum.

(Fortsetzung.)

Leggende di santi e miracoli.

Un gruppo di esempi del Nostro si riferiscono a pie vergini e penitenti spose che, assunta la cocolla di frate, si chiudono in conventi maschili, con rinuncia spontanea al loro sesso. Naturalmente i monaci, che con esse convivono, ne ignorano la condizione come l'ignorano quanti le avvicinano, sicchè sorgono quegli equivoci piuttosto comici che edificanti, di cui tanto si compiacquero commediografi e poeti antichi e moderni e che tuttora rallegrano i lettori del Furioso.

Gli esempi addotti da Arnoldo sono tre. Nel primo si discorre di Eugenia figlia di Filippo, governatore di Alessandria e la storiella si dichiara attinta alla vita dei santi Proto e Giacinto. È di li infatti ch'essa proviene, soltanto l'A. invece di risalire ai più antichi esemplari, l'ha tolta di sana pianta alla leggenda aurea là dove per l'appunto si narrano le gesta di questi santi. L'avventura è piacevole e breve. Filippo vuol costringere Eugenia alle nozze. Essa rifiuta, fugge e vestita da frate, entra in un convento, mascolinizzando persino il proprio nome. Avviene che certa dama s'innamora del supposto novizio, lo tenta, n'è respinta e si vendica accusandolo di tentata seduzione. Giudice è il padre di Eugenia, e poichè non conveniva al cielo che la calunnia trionfasse, squarciando le vesti, Eugenio si rivela Eugenia, con stupore di tutti ed in particolar modo dei genitori, che si affrettano a coprirla con un mantello. Non occorre dire quanto restasse svergognata la dama, che rinnovava le classiche accuse di Fedra.

La meraviglia del pubblico sarebbe però stata minore, ove questo avesse conosciute altre storielle analoghe, che il Nostro riferisce e che trattano del pseudo Mario e del pseudo Eugenio.

Il padre di Mario, per certe sue ragioni, che non mi sembrano molto chiare, fa chiudere la propria figlia Maria in un convento di frati. Non occorre aggiungere che Maria si trasforma in Mario e che tutti la reputano maschio. Tale pure la reputa la figlia di un albergatore, che essendo stata resa madre

1 es. 274, 27, 528.

da un cavaliere, nè volendo rivelare il nome del seduttore, accusa il nostro fraticello di averla indotta in peccato. Il pseudo Mario risponde alle accuse un pochino come Tartufo: 'Io so di essere peccatore, pregate Dio per me.' Quella difesa è troppo magra, per contentare l'abate che addossa a Mario la cura del neonato e per di più lo caccia fuor del monastero, in una specie di cuccia, vicino alla porta. Passano gli anni, il bimbo cresce (del modo dell'allattamento non si fa parola) ed ai frati quello spettacolo finisce per dare fastidio. Mario rientri in convento e si adibisca ai servigi più umili. E così Mario passò fra l'avvilimento e le fatiche gli ultimi anni della sua vita, però la sua anima dovette dolcemente rallegrarsi quando l'abate ed i confratelli scoprirono il sesso dei suoi resti mortali. In quello stesso giorno in cui Mario spirava, il diavolo (il diavolo che aiuta a far trionfare la virtù!) entrò in corpo alla calunniatrice, trascinandola davanti al convento, ove la colpevole dovette confessare la propria colpa e farne penitenza. Il corpo della santa vergine fece poi grandi miracoli.

Il racconto, dice il Nostro, è tratto della vita dei santi Padri.

La terza eroina, Teodora, diversifica dalle precedenti perchè maritata e colpevole di infedeltà coniugale. Bisogna però concederle, pel suo adulterio, le circostanze attenuanti, essendo che il diavolo aveva saputo persuaderla che Dio nota solo i peccati che si compiono di giorno ed essa aveva cura, per conseguenza, di peccare soltanto di notte. Scoperto il proprio errore, la disgraziata abbandona casa, marito e amante e vestita di panni virili, si ritira nel solito monastero di frati, mascolinizzando essa pure il nome. Teodora diventa Teodoro. Riconosciamo che gli agiografi non hanno sempre molta fantasia inventiva.

Anche qui la figlia di un oste s'invaghisce di lei, la tenta invano et pour cause, con questa variante però che l'ostessa si innamora realmente del supposto fraticello e se pecca poi con altri, gli è che l'amore le ha fatto perdere la testa. Nel resto, la storia corre come la precedente. Il figlio della colpevole è affidato alle cure del creduto Teodoro, che lo allatta con le pecore del convento, mendica sulla porta del monastero, in cui rientra tuttavia nell'ultimo periodo di sua vita. Una rivelazione divina scopre all'abate il sesso del supposto monaco, solo però quando questo più non appartiene alla terra. I frati scendono allora nella cella, scoprono il morto e trovano ciò che nel Furioso cagionava la disperazione di Fiordispina. La conclusione varia un pochino, per l'intervento del marito e del padre della calunniatrice.

Le storie di Mario e di Teodora sono parimenti tolte dall'opera del Varazze, che ne discorre nella vita di Santa Marina

Vergine, riferendo poi quanto, su Santa Teodora, aveva letto in Metafrasto ed in Surio (c. 92). Nel XV libro dello Speculum hist. parlasi di Santa Marina e di Santa Eufrosina, che si travestono parimenti da monaci e corrono, in parte, le note avventure. Cesario di Heisterbach (I, 47) espone pure quanto egli conosce 'de mirabili conversione beatae Hildegundis virginis, quae se virum simulaverat.' L'abate del convento trasporta il gentil novizio in groppa al suo cavallo. Quae cum loqueretur voce feminea et gracili, dixit ei Abbas: Frater Joseph, nondum mutasti vocem tuam? Respondit illa: Domine, nunquam illam mutabo'. Solo un frate, forse più malizioso degli altri, ha certi sospetti e certe tentazioni, ma la scoperta del sesso avviene soltanto dopo la morte di lei. E. Cesario (I, 53) ricorda anche l'analoga avventura 'De vidua Coloniensi, quae in cappa conversi egressa est de civitate' e che poi vive come monaco.

Il Varazze ricorda anche certa Margherita che vive fratescamente col nome di Pelagio e diventa anzi abate; santa Eusebia, santa Sincletica imitano pure le imprese delle precedenti, anzi quest'ultima si spaccia per eunuco. L'avventura di Teodora ebbe poi notevole fortuna e figura anche nei Miracles de Notre Dame, laddove si legge d'une femme nommée Théodore, qui pour son péché se mist en habit de homme et pour sa penance faire devint moine et fut tenue pour homme jusques après sa mort.2 I Bollandisti non l'hanno dimenticata (t. III, 788-791) e n'ho trovato, oltre a quanti già altri osservò, 3 un ricordo in una leggenda indiana pubblicata dal Landes. 4

Ma le donne cristiane non solo sapevano mantenersi pure in quei conventi, di cui come avrebbe detto Rabelais, anche l'ombra è generalmente feconda. Esse sfidavano pure le vergogne dei lupanari; per una sorge un leone in difesa, in altre leggende verrà un orso terribile od un ancor più temibile terremoto in loro difesa. L'avventura di Santa Daria attinge il Nostro al Varazze (1. p. Atti di S. Crisante e Santa Daria) e leggesi egualmente nel Bellovacense (XI. libro), negli Acta Sanctorum, nel Vitry e via dicendo. È parimenti tolto alla vita di S. Andrea narrata dal Varazze, l'es. 56. Certo Nicola, avendo in dosso il

'cfr. quanto ebbi ad osservare nei cit. art. Leben und Wunder ecc. 1. c. 1902, p. 94.

È la nota ed. Paris, Robert, 3, 67 (1878). Cfr. Petit de Julleville, Les mystères, 2, 267 (1880).

3 Usener, Legenden der Pelagia, 1879. Notices et extraits (XXXVI, 1, p. 59 art. P. Meyer). Delehaye, op. cit. p. 279 sgg. Cfr. pure Revue des questions hist., 1 luglio 1903, p. 91 sgg.

cfr. un mio art. in Zeitschrift des Vereins für Volkskunde I, 1904, p. 52: Das Spiel von der heiligen Teodora, vedi Landes, Contes et légendes annamites, Saïgon 1886, p. 272.

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Vangelo, osa recarsi da una meretrice, ma dal santo libro parte luce così abbagliante, che la peccatrice abbassa riverente la fronte ed il libertino esce confuso e pentito.

Notevole, fra i miracoli che seguono, è quello che l'Alphabetum anche quì ispirandosi alla leggenda aurea - riferisce a S. Patrizio. Il santo tenta invano di persuadere un ladro a restituire amichevolmente certa pecora rubata. Il ladro nega e il venerando personaggio impone alla pecora mangiata di parlare dal ventre del peccatore. E da S. Damiano è tratto l'altro esempio di quel tale che bestemmia e invoca il santo a testimone della propria empietà. Questi fa rivivere un gallo che, salta, canta e per di più sporca gli abiti dei convitati, colla salsa di cui era coperto. Si aggiunga che al gallo spuntano subito le penne e che il bestemmiatore è colpito dalla lebbra.

Queste due specie di risurrezioni meritano qualche parola di commento. Il racconto della pecora, leggesi in tutte le vite del santo; Tommaso Cantipratense nel suo Bonum universale de Apibus racconta quanto segue, cambiando il santo personaggio e l'animale mangiato:

"Vulgatissimum miraculum referebatur sub anno incarnationis Domini M.CC.XXXI. Pica erat in domo hospitis, qui sanctum virum recipere solebat, quae humana verba loqui docta, sanctum virum praecipue diligebat. Servus autem quidam in domo clam picam occidit, clamque comedit. Introgressus ergo vir sanctus hospitium, clamavit ad picam: Ubi es nunc amica mea, ubi es? Nec mora, de ventre comedentis, respondit: Adsum, adsum. Mirantibus omnibus, vulgatum est verbum, concurrunt populi, de ventre comedentis pica diebus plurimis loquebatur.'4

Quanto all'avventura del Coq cuit qui chante essa formò oggetto di ricerche, che trovansi esposte dalla rivista Mélusine. 5 Indicasi la raccolta dello Child, English and Scottish popular Ballads, la redazione datane dal Bellovacense e fra l'altro certa leggenda canavesana (Piemonte) raccolta dal compianto Nigra. L'esempio più antico, indicato dal Child, trovasi in una interpolazione di due ms. greci del Vangelo di Nicodemo. Si indica pure un quadro della chiesa di Murat (Cantal), che rappresenta tale miracolo e che vuolsi di provenienza spagnola.

Noi ricorderemo che la storiella famosa trovasi pure in Elinando senza cambiamenti fuorchè di luogo. In Bononiae partibus duo quidam amici ac compares discumbebant: quibus allatus est gallus.' Disputano fra loro e l'uno dice all'altro: 'Plane non modo si beatus Petrus, sed etsi ipse Christus imperet,

1 es. 288. 297 cfr. anche Specchio d'essempi 1. c. p. 18.
3 cfr. anche Bromyard, Summa praed. ed. cit. p. 306.

4 ed. cit. p. 117. 5 Vol. VI, p. 25. 69.

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