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badessa e poi le appare un momento, fuor della porta del monastero e senza farsi riconoscere. Certa suora rifiuta di vedere il fratello monaco, pur trovandosi già sul letto di morte, perchè 'affectus carnalis, non debet esse in religiosis'. 2

Un altro, monaco piissimo, copre le mani e le braccia della madre, per non essere indotto in tentazione. 'Mulierem tangere non est bonum.'3 Nulla di più comune di codesti racconti. Oltre a quanto osservò già il Crane a proposito di un esempio del Vitry, nei Verba Seniorum leggesi di un eremita che rifiuta di vedere la propria sorella; S. Pacomio (Vitae patruum) respinge madre e sorella; S. Marco come si legge nel 5° libro delle citate vite chiude gli occhi, allorchè incontra la madre, ed il prete Conone si rifiuta persino di battezzare donne che non sieno più che mature. Infine S. Tommaso d'Aquino condo una leggenda popolare 5 insegue, con un tizzone acceso, una fanciulla che osa introdursi nella sua stanza. Qualcuno potrà sorridere di tante precauzioni contro gli stimoli della carne, ricordando quel che Dorine rispondeva a Tartuffe, che volea coprirle il seno:

'Vous êtes donc bien tendre à la tentation!'

se

Pare che anche al Nostro balenasse un simile sospetto, perchè dalla vita dei Santi Padri egli trae una novelletta, che sparge come una luce di comicità sugli esempi precedenti. Certo monaco, incontrando talune suore, fugge a precipizio e la badessa lo rimprovera esclamando: 'se tu fossi perfetto monaco non avresti dovuto capire se queste persone erano uomini o donne'. 6 Dico pare, in quanto che l'A. molto più probabilmente vuol darci una lezione rigorosa di castità e un esempio di ignoranza del male, tanto più che un abate nell'es. 369 rinchiude in cella un novizio, perchè si è accorto che una ragazza, che passava per la via, era piuttosto bellina.

Qualche volta il sacrificio arriva al punto da deturparsi, per non piacere al gentil sesso ed evitarne le insidie.7 L'A. cita come fonte Valerio Massimo, ma la stessa storia era già stata narrata da altri di cui le opere erano più familiari al Nostro. Nel Bonum universale de apibus, ricordato e imitato così spesso da Arnoldo, si narra Testator Ambrosius in libro de virginitate' che 'mirae pulchritudinis adolescens quidam, cernens in sua specie sollicitari plurimas illustrium feminarum, vultum suum confodit vulneribus, malens deformitatem habere

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es. 37. es. 38. es. 463.

Crane, op. cit. p. 46-47. Vedi: Vitae patruum (Migne, Patr. lat. vol. 73, p. 873), Scala Celi p. 165, Libro de los Enxemplos (CCXXXIX).

5 cfr. Nisard, Hist. des livres popul. II, 13.

6

es. 466.

7

es. 582.

foeditatis, quam formam ad irritamentum alienae libidinis.' Un filosofo greco stando a quanto assicura l'Alphabetum 2 avrebbe fatto qualcosa di più, cioè si sarebbe strappati gli occhi affinchè le tentazioni della muliebre bellezza non gli guastassero il cuore. Ben nota è la leggenda del giovane cristiano abbandonato, fra le delizie di un giardino e con le mani avvinte, agli abbracci di una sgualdrinella.3 A Barlaam secondo la leggenda, raccolta, fra gli altri dal Bellovacense nel XV° libro, sarebbe capitato qualcosa di simile, volendo il padre distoglierlo dalla vita monastica. Il Nostro lesse l'avventura nella Leggenda aurea e precisamente nella vita di S. Paolo eremita, che l'attinse a sua volta alle Vitae patruum di S. Girolamo. Ricordiamo inoltre che una narrazione medievale francese 'd'un hermite et du duc Malaquin' espone la stessa avventura e come nei racconti precedenti, il giovane eroe, piuttosto che cedere, si recide, con un morso, la lingua. Il cielo però ricompensa l'eremita, facendogli subito crescerne un'altra.

Quando ai pii religiosi manca la forza per resistere alle tentazioni, il cielo stesso interviene in loro favore. Se non s'ha la fermezza di dominare le proprie passioni s'abbia almeno quella d'invocare l'aiuto della divinità, perchè il compiacersi delle tentazioni è la peggiore delle colpe. Sant'Elia abbandona il convento perchè gli eccitamenti della concupiscenza non gli concedono pace. Però prega ed ecco tre angioli scendere dal cielo e fargli, almeno in apparenza, una cura radicale, tagliando ciò che potrebbe indurlo alla lussuria. Leggo tale aneddoto nei dialoghi di S. Gregorio Magno: 'De Equitio abbate provinciae Valeriae.' Costui non può vincere gli stimoli della natura 'cumque hac in re ab omnipotenti Deo remedium continuis precibus quaereret, nocte quadam assistente angelo eunuchizari

2 es.

11. c. p. 340. Veggasi anche il Giuoco degli scacchi di frate Jacopo da Cessole (Volgar. cit. p. 82) ove narrasi lo stesso esempio attinto a Valerio Massimo. 601. Frate Jacopo da Cessole Giuoco degli scacchi volg. cit. p. 82) dichiara aver tratto questa storia del filosofo Democrito da Tertulliano. Cfr. Revue des questions hist. p. 77 e si rammentino le storie della pitagorica Timycha, della cortigiana Leaena, del filosofo Zenone. Vedi Wachsmuth, Berichte der K. sächs. Gesellschaft der Wissensch., phil.hist. Kl. t. VIII, p. 132. Per la vita dei santi Barlaam e Joasaph, adattamento della leggende del Budda vedi E. Cosquin, La légende des saints Barlaam et Josaphat, son origine in Revue des questions hist., ottobre 1880; Kuhn, Barlaam und Joasaph in Abhandlungen der K. bayer. Akademie, 1 cl., t. XX, 1893, p. 1-88; G. Paris, Poèmes et légendes du moyen âge, p. 185-215. Sul culto dei due santi cfr. Analecta Bollandiana, t. XXII, p. 131. Vedi inoltre: S. J. Warren, De Grieksch christelijke roman Barlaam en Joasaf en zijne parabels, Rotterdam 1889, e R. des questions hist. cit., 1 luglio, 1903.

3 es. 582. es. 105. in Migne, vol. 77, c. 165.

se vidit, ejusque visioni apparuit, quod omnem motum ex genitalibus ejus membris abscideret ... Cesario, alla sua volta, ci racconta: 'de Bernardo monacho tentato, qui se in somnis vidit eunuchizari ... vix tenuiter obdormierat, et ecce conspexit eminus virum horribilem in efficie carneficis ad se properantem', ma anche qui è visione e non realtà. Comunque sia, il monaco mette la testa a partito.1

Nè mancano esempi di virtù femminile. Oltre a pure vergini, rinchiuse nei monasteri, s'hanno nell'Alphabetum spose fedeli ai loro consorti e che fanno spiccare maggiormente la vergogna delle adultere. Giova ricordare quello che serve di spiegazione alla massima 'Castitas in uxore est multum laudanda'.2 Čerto vecchio cavaliere sente dirsi che ha il fiato puzzolente. Assai mortificato, torna a casa e chiede alla moglie cosa ne pensi. Questa risponde che credeva esser quello odore naturale a tutti gli uomini. Tale racconto che il Nostro ha tratto da S. Girolamo3 trovasi pure nel Sercambi e venne studiato dal Köhler.1

Sommo merito è pure quello di esporsi alle tentazioni per poterne trionfare. È nota la storia del Prevosto d'Aquileia. Un eremita credesi divenuto santo perchè, nella solitudine, ha i sensi tranquilli e la fantasia serena. Una rivelazione divina gli dimostra quanto s'illuda sulla propria virtù e lo persuade di far visita al prevosto di Aquileia. Questi lo riceve con grande pompa, gli ammanisce sontuoso banchetto e lo fa dormire in un soffice letto a fianco della propria vezzosissima moglie. L'eremita non può chiuder occhio e ad un tratto sta per cadere in peccato, ma la dama si ritrae subitamente ed egli trovasi in certo bagno gelato che lo calma e gli fa capire il proprio dovere. Tale era la virtù del Prevosto che assisteva a desinari sontuosi, pur digiunando rigorosamente e vinceva parimenti le proprie passioni anche nel tepore del talamo. Un consiglio non molto dissimile dà — nel 3 esempio dell'Alphabetum un angelo a certo eremita. Tu non potrai vantarti

5

esclama il divino messaggero di avere domato i tuoi sensi, sino a che non potrai dormire tranquillo vicino a una vergine bella ed ignuda. “

' Cesario di Heisterbach, op. cit. I, p. 265; cfr. pure Heraclidis Eremitae Paradisus; Migne (Patr. lat. 74, c. 294) e Giuoco scacchi (1. c. p. 82). 2 es. 113. 3 Adversus Iovinianum I, 27.

Sercambi, Novelle ed. 1886, No 7 ecc.

Köhler, Kleinere Schriften 2, 600, 645; cfr. pure Giuoco scacchi (1. c. p. 19). Rom. V, 1876, pp. 455 sgg. Cosquin, 1. c. p. 16, e Rua, Novelle del Mambriano, Torino 1880, nella illustrazione alla Gara delle tre moglie.

5 Cfr. Le Grand d'Aussy, Contes dévots, 4 vol. Méon N. R. II, 187. Jahrbuch für rom. u. engl. Lit. VII, p. 405. Wieland, Die Wasserkufe in Neuen teutschen Merkur, 1795. Mussafia, Marienlegenden (passim). Cfr. per riscontri Köhler, Kleinere Schriften II, 442 8gg.

Archiv f. n. Sprachen. CXIX.

7

Un altro ciclo di queste narrazioni ha l'intendimento di combattere quanti hanno il malvezzo di accusare gli ecclesiastici di lussuria. L'es. 332 del Nostro racconta una storia divenuta celebre. La figlia di un conte ha relazioni illecite con un cavaliere e da queste nasce un bimbo. Il conte, accecato dalla collera, giura che ucciderà il seduttore della figlia, la quale, per salvare l'amante, accusa un ecclesiastico di illibati costumi. Questi, vedendo la sua ultima ora vicina e dolendosi di lasciare triste memoria di sè, invoca l'aiuto dei santi apostoli Simone e Giuda che impongono al neonato, venuto alla luce solo da poche ore, di indicare il suo vero padre. E il neonato stende la mano e pronuncia chiaramente il nome del seduttore. La leggenda fu attinta alla vita dei due apostoli scritta del Varazze, di cui può dirsi imitazione letterale ma essa aveva vita rigogliosa anche fuori della Leggenda aurea. Non c'è che da aprire la raccolta dei Bollandisti. Ecco S. Maurizio (13 Luglio) che appena nato annuncia la salvazione della propria madre; S. Pellegrino (1. Agosto) risponde al sacerdote, che prega sulla sua culla un dolcissimo amen; un terzo santo, Romano (18 Novembre) s'affretta dalle fascie a predicare la religione di Christo. Al caso particolare indicato da Arnoldo, fa riscontro l'accusa mossa a S. Brico, arcivescovo di Tours, narrata pure dal Varazze (Boll. 15 Novembre). Egli però non ricorre agli apostoli. Stende la destra e la neonata sbugiarda la calunniatrice e nonina il vero padre. Nè diversa è la leggenda attribuita a S. Efraim (1. Febbraio, Bollandisti). S. Goario nell'opera del Bellovacense, 2 rivela il peccato di un arcivescovo, facendo parlare un neonato esposto e altrove, narrandosi la vita di S. Andrea, si narra pure questo suo miracolo. Nei Gesta rerum

Anglorum, il pontefice Sergio è accusato di esser padre di un certo neonato. Aldelmo, santo prelato inglese che trovasi a Roma, si sdegna della calunnia ed esclama:

'Afferte infantem; ut ore suo pontificalem depellat injuriam. Proinde a fatuis suspicionibus discedant, in gratiam antistitis redeant; "se, quantum sua interesset, paci non defuturum". Dictum excepere nonnulli cachinnis; quod insolita promittere, indebita praesumere advena videretur. Verumtamen infantem allatum, vix dum notem a matre dierum, baptismi lavacro prius innovavit. Sciscitatus est deinde publice utrum vulgi opinio conveniret veritati de patre? Tum ut videres Dei gratiam praesentem; pusiolus in vocem absolutissimam conatus, nodum

' in trad. Rose, III, p. 231. Vita degli apostoli Simone e Giuda in Boll. 28 Ottobre.

2 Libro XIX.

3 Migne, Patro. lat., vol. 179, c. 1639.

dubietatis abrupit; sanctum et immaculatum Sergium esse, nunquam illum mulieri communicasse. Plaudit plebs miraculo...'

Però la sacra tradizione ha origini ancora più antiche. È noto che S. Giovanni avrebbe, dal ventre della madre, salutato il Salvatore, come leggesi anche nel D'Outremeuse; 1 il D'Herbelot nella sua Bibliothèque orientale narra l'identica storia della madre calunniatrice e del bimbetto che la svergogna e questo esempio è citato, con altri, nei vari articoli che la rivista Mélusine ha dedicato a tale soggetto.2 Ricordo con essa che Tito Livio (XXIV, 10) parla di un bimbo che dal seno materno esclama lo! triumphe! Trovansi riscontri nella Harivança nel Mahabharata, in un racconto di Aba-l-Leyth al Samarkandi (m. a. 375 dell'Egira), nelle Leggende bibliche pubblicate dal Levi e in varie tradizioni popolari. Nel romanzo Tristan de Nanteuil, una ragazza, respinta da un clerc, si dà al diavolo e poi dichiara essere il clerc padre del bimbo, che porta in seno. Ma il bimbo la smentisce a chiara voce:

'Ne fus engendrés de lui, ne doubtés ja;

Fils suis de l'ennemi et cil engendré m'a.'3

Nè molto diverso è il senso del 329 es., ove si narra come una ragazza accusasse ingiustamente certo ecclesiastico, lettore del vescovo, di averla resa incinta. Il degno sacerdote è cacciato dal suo superiore, ma, pur sopportando l'immeritata punizione, egli non concede alla sciagurata di partorire sino a che essa non abbia dichiarata la calunnia. L'A. cita come fonte Eraclide, ma la leggenda venne pure narrata da molti altri e attribuita a diversi santi personaggi. San Macario, per es. sarebbe stato vittima d'un simile agguato e la calunniatrice non può partorire sino a che non abbia confessata la verità ed a S. Giovanni, come si legge nei citati Miracles de Notre-Dame editi da G. Paris e Robert, sarebbe pur capitata un'identica avventura, coll'aggiunta del figlio che parla appena nato per indicare il vero padre.

ed. cit. 1. vol., p. 340.

2 vedi tomo IV, p. 39. 228 e sgg. sino al vol. VI, p. 92–98.

3 cfr. Hist. litt. de la France XXVI p. 260 e Paul Meyer, Jahrb. für rom. Lit. t. IX, p. 384.

4

Veggansi le Altfranx. Legenden pubblicate dal Tobler in Jahrb. für rom. und engl. Lit., 1866, p. 415 sgg. in cui si legge 'D'ung hermite que la fille d'ung borgois mis suz qui l'avoit engrossie' cfr. inoltre Romania VI, p. 328, id. XXX, p. 302 sgg. e quanto scrissi in proposito nel citato studio Leben ecc., 1902, p. 313 sgg.

Nell'art. della Rom. (VI, 328) A. Weber ricorda varie versioni di questa avventura attribuita in particolar modo a S. Giovanni Boccadoro, per cui cfr. La leggenda di S. Albano e la Storia di San Giovanni Boccadoro (A. D'Ancona in Scelta curios. lett. 1865), un Miracle de Notre-Dame (ed. Paris Robert, 1876, pp. 269-309) e il ms. che il Weber pubblica. V. anche A. D'Ancona, Poemetti popol. ital., Bologna, Zanichelli, 1889, La storia di S. Giovanni Boccadoro.

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